La corteccia parietale ha ruoli nella paura e nella pianificazione

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 02 aprile 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Continuando a raccogliere e studiare le evidenze sperimentali che stanno a poco a poco componendo il puzzle della neurofisiologia cerebrale del terzo millennio, proponiamo qui la recensione di due studi notevolmente diversi tra loro, ma con un importante elemento in comune: indicano un nuovo ruolo per la corteccia parietale.

Se ormai da anni la prospettiva da noi adottata per inquadrare i risultati della ricerca sulla fisiologia delle strutture dell’encefalo – che tiene conto della complessità e della priorità delle ragioni evolutive – è divenuta patrimonio della maggioranza, resiste ancora una minoranza di ricercatori che rimane convinta dell’esistenza di compartimentazioni anatomiche dei processi cortico-sottocorticali paragonabile a quella del midollo spinale e del tronco encefalico, pronta a rivelarsi appena trovata la chiave giusta, come riteneva Roger Sperry, per riconoscere una semplicità di localizzazioni attualmente perduta solo per mancanza di strumenti interpretativi adeguati.

Con questo, naturalmente, non vogliamo essere fraintesi dai più giovani fra gli studenti che possono essere tentati di gettare alle ortiche nozioni che rimangono invece utilissime per le deduzioni di semeiotica neurologica, come le specializzazioni corticali del linguaggio (aree di Broca e Wernicke), quelle senso-motorie (omuncoli di Penfield e Rasmussen), quella prosopognosica (area dei volti nel giro fusiforme), la competenza frontale per processi intellettivi e quella parietale per la cognizione spaziale. Proprio a questo proposito ribadiamo un concetto espresso tante volte in passato: l’identificazione di una sede per una macrofunzione alterata dalla lesione di quella regione cerebrale ha indotto i pionieri di questi studi a etichettare quella parte del cervello con quell’unico ruolo, creando anche la “suggestione biunivoca” della localizzazione compartimentata. L’errore consiste, ad esempio, nel credere che si parli solo per azione dell’area di Broca (area 44 di Brodmann) e si comprenda il linguaggio esclusivamente per l’attività dell’area di Wernicke (area 22 e viciniori), ma sarebbe un errore ancora più grave ignorare queste specializzazioni funzionali.

Il primo dei due studi qui recensito ha individuato la partecipazione a una funzione tradizionalmente attribuita esclusivamente alla corteccia prefrontale, senza la quale questo processo, nei suoi aspetti più caratteristici e prevalenti, sembra non possa aver luogo. L’identificazione è avvenuta modificando un paradigma fisso e consueto per lo studio della neurofisiologia senso-motoria. Yuhui Li e colleghi hanno concepito un compito dinamico e flessibile di “risposta contingente allo stimolo” per scimmie che erano libere di muoversi, mentre si registravano singoli neuroni della loro corteccia parietale posteriore. Lo stratagemma ha consentito di discernere se l’attività neurale osservata fosse il riflesso dello stimolo sensoriale corrente o se invece predicesse i movimenti futuri.

(Li Y. et al., Posterior parietal cortex predicts upcoming movement in dynamic sensorimotor control. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2118903119, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Brain and Behavior Discovery Institute, Medical College of Georgia, Augusta University, Augusta, GA (USA); Department of Biomedical Engineering, Duke University, Durham, NC (USA); Center for Excellence in Brain Science and Intelligent Technology, Shanghai (Cina).

La massima parte degli studi precedenti ha utilizzato movimenti reattivi a scopi statici prefissati, provocati da stimoli sensoriali pre-definiti, ma questo approccio non consente di distinguere nell’attività neuronica registrata nella corteccia parietale se l’incremento di scariche sinaptiche rappresenti il fenomeno esterno percepito o la preparazione corticale per il successivo avvio di pattern motori. I ricercatori allora, come già accennato, hanno realizzato un setting sperimentale caratterizzato da un compito di “risposta allo stimolo” dinamico e flessibile. Infatti, l’ordinaria interazione con la realtà, che per sua natura non è statica ma appare in continuo movimento, si basa sulla capacità di integrazione dinamica del flusso di informazioni sensoriali in entrata col flusso di informazioni motorie in uscita.

In precedenza, numerose osservazioni sperimentali hanno chiarito caratteri delle trasformazioni sensomotorie che avvengono nella corteccia parietale posteriore (PPC), ma in massima parte questi studi hanno enfatizzato aspetti relativi a movimenti reattivi verso obiettivi statici, in cui il rapporto tra stimolo sensoriale e fine visivamente controllabile dell’atto è fisso. Il compito delle scimmie di Yuhui Li e colleghi consisteva invece in un’intercettazione manuale in cui la localizzazione istantanea dello stimolo era disaccoppiata dalla direzione necessaria al movimento, per differenti velocità del bersaglio.

Durante l’esecuzione delle prove, la registrazione dell’attività di singoli neuroni della regione PPC forniva l’esatto correlato temporale del comportamento delle scimmie.

L’interpretazione dei tracciati bioelettrici non lascia possibilità di dubbio: l’attività dei neuroni della PPC esplicitamente veicola informazioni concernenti i movimenti in preparazione, e non rappresenta minimamente lo stimolo sensoriale come accade in altre aree della corteccia parietale prossime alla superficie posteriore. Un tale riscontro suggerisce un ruolo della PPC nei processi di pianificazione motoria.

Prima di introdurre il secondo dei due studi qui recensiti, ci piace notare che, fin dalla fondazione della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, i soci hanno segnalato alla comunità neurobiologica internazionale l’inadeguatezza della denominazione fear-systems dei sistemi neuronici implicati nella mediazione della reazione di paura a stimoli costituenti minacce per l’individuo. A nostro avviso quella espressione doveva essere riservata esclusivamente al sostrato neurale che produce l’assetto funzionale della paura, mentre l’insieme dei circuiti che risponde a una minaccia, e teoricamente può anche generare una “reazione di attacco”, ossia aggressiva, non di paura, in altri termini sul versante opposto della fight or fligh reaction, doveva essere denominato in modo differente, ad esempio threat system. Lo facemmo presente anche a uno tra i massimi esperti delle basi neurobiologiche delle emozioni, e in particolare della paura, cioè Joseph LeDoux, che non ci diede risposta.

Notiamo con soddisfazione che Yuqi You e i suoi colleghi, autori del lavoro di cui ci occupiamo, sono fra i ricercatori che hanno deciso di adottare la denominazione appropriata di threat system per il circuito amigdala-corteccia prefrontale che media le risposte a stimoli avvertiti quali minacce dall’individuo animale o umano.

Numerose evidenze emerse in studi recenti non condotti sull’uomo provano che il threat system non può essere circoscritto al circuito amigdala-corteccia prefrontale, ma include popolazioni neuroniche della corteccia sensoriale, che sembrano costituire un sostrato di importanza critica per la memoria a lungo termine di una minaccia. Tale memoria è sostenuta da pattern di separazione/completamento della corteccia sensoriale e da un tuning shift.

La ricerca sull’uomo ha cominciato ad associare la corteccia sensoriale a memorie a lungo termine affettive e percettive di minacce, ma la mancanza di conoscenza dei meccanismi ha precluso ogni progresso al tentativo di stabilire una precisa associazione. Per risolvere questo problema, Yuqi You, Lucas R. Novak, Kevin J. Clancy e Wen Li hanno indagato nell’uomo il condizionamento della minaccia olfattiva e la memoria di lungo termine così prodotta, ottenendo un risultato di notevole rilievo.

(You Y. et al., Pattern differentiation and tuning shift in human sensory cortex underlie long-term threat memory. Current Biology – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.cub.2022.02.076, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Brain and Behavior Discovery Institute, Medical College of Georgia, Augusta University, Augusta, GA (USA); Department of Biomedical Engineering, Duke University, Durham, NC (USA); Center for Excellence in Brain Science and Intelligent Technology, Shanghai (Cina).

Yuqi You, Lucas R. Novak, Kevin J. Clancy e Wen Li hanno cercato nell’uomo il collegamento con una regione recettiva della corteccia fuori del circuito amigdala-corteccia prefrontale che, in questo caso, trattandosi di esperimenti condotti con la mediazione del senso dell’olfatto, era costituita dalla corteccia piriforme olfattiva, in quanto corteccia sensoriale, invece della canonica corteccia parietale.

Le prove caratterizzanti il protocollo sperimentale hanno previsto la valutazione del condizionamento della minaccia olfattiva umana e della memoria a lungo termine (9 giorni) della minaccia, combinando apprezzamento affettivo, psicofisica dell’olfatto e risonanza magnetica funzionale (fMRI, functional magnetic resonance imaging) lungo un continuum lineare odor-morphing di cinque livelli di misture binarie (conditioned stimuli/CS+ and Cs – odors).

La valutazione affettiva e la discriminazione percettiva olfattoria hanno confermato un apprendimento esplicito, affettivo e percettivo, e una memoria formata per via di condizionamento.

L’analisi di similarità rappresentazionale della fMRI (RSA) e l’analisi del tuning basata sul voxel hanno ulteriormente confermato plasticità associativa nella corteccia olfattoria piriforme umana, includendo immediati e durevoli pattern di differenziazione tra CS e non-CS vicini, e un tuning shift verso CS, a insorgenza tardiva e perdurante. I due processi plastici apparivano particolarmente salienti e di lunga durata negli individui ansiosi (tra i volontari) tra i quali erano ulteriormente correlati.

Questi risultati supportano l’esistenza di un sistema corticale sensoriale evoluzionisticamente conservato per la rappresentazione a lungo termine della minaccia che può costituire un importante supporto per neurofisiologia della percezione e della memoria della minaccia. Infine, l’iperfunzione di questo sistema sensoriale e mnemonico della minaccia nelle persone ansiose implica un meccanismo finora ignorato nella fisiopatologia dei disturbi d’ansia.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-02 aprile 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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